Nello stand della Cia a Verona la presentazione del "Concours Mondial de Bruxelles" diventa l'occasione per parlare dei vitigni italiani: una risorsa fondamentale del Paese dal punto di vista economico, culturale e naturalistico, ma ancora sottovalutata e spesso minacciata da cementificazione e degrado. Il presidente Scanavino: vigneti sempre più attrattivi per i turisti e "premiati" per la loro funzione intrinseca: si pensi per esempio a Langhe, Roero e Monferrato che sono entrati nel Patrimonio dell'Umanità Unesco.
Nebbiolo, Sangiovese, Montepulciano, Primitivo, Nero d'Avola, Vermentino. Sono i sei vitigni autoctoni italiani che saranno al centro dei "laboratori di scoperta" dedicati ai giurati internazionali del prossimo "Concours Mondial de Bruxelles", il Campionato mondiale del vino che quest'anno si terrà a Jesolo dal primo al 3 maggio. I laboratori saranno a cura della Cia-Confederazione italiana agricoltori, che ha fatto della valorizzazione del ruolo della vite nel paesaggio agrario uno dei suoi obiettivi primari.
Dai "vitigni delle nebbie" lungo i dorsi cuneesi alle uve che salgono sulle colline teramane o si estendono sulle coste della Gallura, l'intero paesaggio vitivinicolo nazionale rappresenta un patrimonio di ricchezza e varietà, di storia e tradizioni. Ma soprattutto è una risorsa economica spesso trascurata e costantemente a rischio, "attaccata" sia dalla cementificazione sregolata, soprattutto in pianura, sia dai fenomeni di abbandono di vaste zone collinari e montane, con effetti sulla tenuta idrogeologica del territorio.
Eppure, tra il turismo rurale e l'indotto legato all'enogastronomia tipica, i vigneti del Belpaese "valgono" oltre 3 miliardi di euro l'anno. Di questo si è parlato al convegno "Concours Mondial de Bruxelles - I vitigni italiani: valore e visione", organizzato dalla Cia nel suo stand al Vinitaly, con il presidente nazionale Dino Scanavino e la rappresentante del CMB Karin Meriot.
Il vino è uno dei fiori all'occhiello del "made in Italy" agroalimentare, con oltre 200 mila aziende coinvolte, 650 mila ettari di vigne sparse sul territorio nazionale e un fatturato di circa 10 miliardi l'anno di cui la metà (5,1 nel 2014) sui mercati stranieri -ricorda la Cia-. Ma, oltre al giro d'affari del prodotto vino, bisogna sensibilizzare cittadini e istituzioni sul valore del patrimonio paesaggistico della campagna italiana, in primis quella vitivinicola, che subisce la continua aggressione dell'urbanizzazione sfrenata. Negli ultimi vent'anni, infatti, cemento degrado e incuria hanno lentamente "rosicchiato" questo capitale verde, sottraendo terre all'agricoltura per oltre 2 milioni di ettari.
Ogni giorno in Italia si cementificano 100 ettari di suolo, compromettendo in questo modo l'integrità di paesaggi e scenari unici, plasmati nel tempo dall'attività agricola, e motivo d'attrazione per i turisti sempre più numerosi -sottolinea la Cia-. Una fonte di ricchezza che supera il valore puramente estetico, quindi, ma diventa una somma di fattori economici, legati anche al giro d'affari delle produzioni e dei vini certificati (nel Belpaese ci sono 266 prodotti Dop e Igp, 332 vini Doc, 73 vini Docg e 118 vini Igt) e strettamente connessi al territorio d'origine.
"Il paesaggio rurale è una componente essenziale dell'identità del nostro Paese -ha spiegato Scanavino- e appare particolarmente importante, perché pone l'accento sul nesso tra l'azione necessaria per superare i fattori di crisi e contrastare i rischi di decadimento dell'attività produttiva agricola (in particolare il fenomeno dell'abbandono di vaste aree collinari e montane dove l'azione dell'agricoltore è fondamentale per manutenere il territorio, conservare la fertilità dei suoli e dare stabilità ai versanti per evitare casi di dissesto idrogeologico) e un rinnovato impegno a puntare sulle potenzialità offerte dal nostro patrimonio storico di civiltà e bellezza per la crescita degli scambi tra l'Italia e il resto del mondo e per lo sviluppo diffuso di un turismo di qualità altamente competitivo".
In questo senso "vale la pena ricordare ad esempio il riconoscimento dell'Unesco, che ha dichiarato i paesaggi vitivinicoli di Langhe, Roero e Monferrato patrimonio dell'umanità -ha evidenziato il presidente della Cia- premiando il valore naturalistico, storico e tipico di un territorio che è inimitabile, grazie anche a un'agricoltura attenta, ricca di tradizioni e di storia. Questi luoghi sono il risultato dell'azione combinata dell'uomo e della natura. Il riconoscimento Unesco dà loro sicuramente un valore aggiunto, che deve essere sfruttato appieno ed esteso a tutte le altre realtà. Partendo dall'assunto che il patrimonio paesaggistico fondato sulla presenza dei vigneti costituisce un riferimento e un input per il Made in Italy".
Nel merito, diventa fondamentale oggi "lavorare a buone strategie per il paesaggio al fine di costruire reali Piani Strategici Territoriali siano essi 'paesaggistici o di sviluppo rurale' -ha concluso Scanavino- individuando con chiarezza l'importanza di indirizzare verso lo sviluppo del vigneto risorse anche comunitarie, concorrendo allo sviluppo di strumenti innovativi quali la certificazione nella gestione del paesaggio, quale elemento promozionale che abbina la qualità dei prodotti alla qualità/modalità di definizione e gestione del paesaggio attraverso la quotidianità del lavoro delle imprese agricole, in un crescendo di interesse collettivo condiviso".
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