Respirare
il Veneto a cavallo
Promuovere
il fare: un nuovo modello educativo per formare uomini d'esperienza e
recuperare un rapporto corretto con la terra e gli animali.
Verona, 8 novembre 2014. Respirare il Veneto a cavallo non è
solo una metafora, ma dice di un nuovo modo di vivere e guardare la nostra
regione. Il respiro è un'azione fondamentale, che consente di portare dentro
un'emozione che avvertiamo dal di fuori. E il cavallo rappresenta l'archetipo
di un grande sistema ritmico che respira in sintonia con la natura.
"Senza il
concetto di respiro non potremo mai toccare un tema cruciale per il Veneto
attuale: quello di
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In piedi Sabino Pavone, presidente
delle Scuole Steiner-Waldorf del
Veneto durante il suo intervento
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come portare un nuovo senso della vita, un benessere
interiore che la ricchezza materiale non è stata in grado di garantire. E
l'animale ha la missione di aggrappare la sensibilità del mondo vegetale al
mondo umano". Le parole di Sabino
Pavone, Presidente Associazione Regionale Scuole Waldorf del Veneto,
chiariscono il nuovo tipo di percorso che si sta facendo strada nelle
esperienze legate non solo all'equi-turismo, ma soprattutto al segmento della
formazione con un rinnovato interesse per il rapporto infanzia- agricoltura.
Le fattorie
didattiche sono un luogo di conoscenza e di esperienza, dove vengono proposti
percorsi di educazione alimentare ed ambientale per diffondere un uso
consapevole e sostenibile di cibo, acqua, energia. In tutto il Veneto sono
presenti 253 realtà di questo tipo, custodi del paesaggio rurale e luogo per
esplorare la valenza ambientale dell'agricoltura.
Nel pomerigio di
venerdì 7 novembre, nello stand della Regione Veneto (pad 4) di Fieracavalli è
stata illustrata l'originale esperienza d'incontro tra operatori delle fattorie
didattiche e metodo steineriano, avvenuta durante uno dei corsi di formazione
continua cui sono annualmente soggetti. Nell'esempio specifico, utilizzato come
case history, gli operatori hanno avuto alcune informazioni per imparare ad
accogliere il bambino secondo un approccio steineriano.
"Con questo
seminario- spiega il Governatore Luca
Zaia- introduciamo una novità metodologica che
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ZAIA durante la presentazione della
Prima Ippovia Tabellata del Veneto
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consente un'occasione di
innovazione dedicata al segmento della famiglia. La fattoria diventa così un
luogo dove imparare un nuovo modello educativo basato sul fare e implica un
approccio più ampio all'agricoltura, che in Veneto rappresenta la seconda voce
economica della regione".
Testimonial
dell'esperienza è stato il prof. Sabino Pavone, come referente del progetto di
formazione e presidente delle scuole Steiner Waldorf del Veneto. "Siamo
l'ultima generazione a poter raccontare il privilegio del contatto diretto con
la natura. Dobbiamo tornare all'esperienza fondamentale del rapporto con la
terra, per creare uomini in grado non solo di pensare ma anche di fare.
Dobbiamo far crescere la passione, perchè solo la passione è messa a
salvaguardia del capitale umano. L'agricoltura ha bisogno di una sua
rivoluzione orientata al biologico: c'è necessità di formare agricoltori colti
e consapevoli, c'è bisogno di una rivoluzione culturale".
L'approccio
steineriano insiste molto sulla necessità di un contatto con la terra sin
dall'infanzia. "Abbiamo necessità di esperienze forti nell'infanzia -
conclude Pavone- l'amore di qualcosa che ci portiamo da grandi è un'esperienza che
facciamo nell'infanzia".
L'incontro "Il
bambino e il cavallo in fattoria didattica" si è prestato così ad una
riflessione importante sulle esperienze in fattoria interpretate anche secondo
l'approccio steineriano.
"In questo
modo- spiega Elena Schiavon della
Regione Veneto- cerchiamo di raccontare e far emergere un nuovo modo di vivere
il rapporto con il cavallo come incontro tra uomo e animale. Inoltre proponiamo
ai bambini una visione dell'agricoltura come esperienza concreta per far loro
comprendere concetti centrali come la pazienza e l'attesa legate ad esempio
alla stagionalità".
A lanciare la
provocazione verso l’approccio metodologico steineriano è stato Paolo Marostegan, della fattoria
didattica Al Confin di Camisano Vicentino. “Tra le diverse scuole incontrate
nel lavoro in fattoria didattica- afferma- la classe steineriana ha dimostrato
di aderire all’esperienza non soltanto come ad una gita allo zoo di campagna.
Il loro è in effetti un approccio sorprendente: il rispetto per gli animali, la
pratica di azioni come la raccolta per fare l’esperienza dell’aritmetica, mi
hanno convinto a lavorare di più e meglio sul collegamento tra il bambino e la
terra seguendo questo tipo di approccio”.
Rispetto e ascolto risuonano anche
nelle parole di Elena Torresan, che
porta l’esperienza della fattoria didattica il Codibugnolo di Crespano del
Grappa. “Come il codibugnolo, l’uccellino da cui ho tratto il nome, la mia
fattoria si fonda su tre concetti base. E’ essenzialmente sociale, cioè aperta
agli altri; è piccola e poco appariscente ed è stanziale”.
Poi viene sviluppato
un nuovo modo di intendere l’addomesticare, pratica centrale in una fattoria. “Nel
Piccolo Principedi Saint-Exulpery, la volpe chiede al principe cosa significhi
essere addomesticato e lui risponde “ significa creare dei legami”.
Addomesticare implica rispetto, pazienza e anche la prospettiva di un premio
finale. Ma non è possibile creare un legame senza conoscere l’indole dell’animale.
Per le relazioni tra uomo e animale bisogna ritornare ad un metodo di
comunicazione ormai sconosciuto: il linguaggio non verbale, una modalità di
rapporto che quasi non siamo più in grado di capire” conclude.
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Zaia con le signore delle Fattorie didattiche
che hanno preparato la
“Merenda di Fattoria”
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Eva Rodighiero, della fattoria didattica Rodighiero Paints di Molvena, porta
infine la testimonianza di una passione generazionale, un amore che si tramanda
di padre in figlio e promuove un approccio globale al rapporto con il cavallo
partendo, ad esempio, dall’esperienza di cavalcare a pelo, fondamentale per
sentire un legame diretto con l’animale.
Nella fattoria La
Pachamama di Marostica, infine, Maurizio
Radin indaga il rapporto tra uomo ed asino: non solo esperienza di lavoro
con un animale umile e generoso, ma modalità che consente anche percorsi di
riabilitazione sociale con soggetti difficili.
Oltre il dettaglio delle singole esperienze, ad emergere durante
il pomeriggio è la testimonianza forte di una scelta di vita ispirata alla
passione, alla ricerca di risposte nel ritorno alla terra e ad una forma di
socialità basata anzitutto sul rispetto e l’empatia. E un
utile invito alla concretezza in una società che sa raggiungere grandi livelli
di astrazione, ma ha smarrito la forza del fare, “il diritto di sentirsi a
posto nel proprio corpo” come ha chiarito Sabino
Pavone.
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